Le immagini proposte dall’autore, sono una semplice evoluzione della firma, a volta stilizzata, visibile, possente, altre volte quasi evanescente, altre volte ancora ingrandita da contorni e svolazzi. “L’elaborazione, anche se computerizzata, dell’immagine sembra una vecchia tecnica di incisione eseguita “artigianalmente” su un intreccio strettamente collegato e dai colori sempre cangianti. Una semplice firma ripetuta centinaia di volte come (se fosse) un mantra dal contenuto peculiare, dal significato specifico: la firma, rappresenta l’individuo, la sua personalità; lo sfondo, raffigurato dal reticolo, i diversi ambienti che frequenta o incontra durante la sua esistenza; il movimento grafico di cui è composta, lo sforzo o la resistenza che l’individuo oppone a una realtà non voluta, a una realtà ostile, che lo vorrebbe (a ogni costo) dominare, travolgere, rendere nullo”. Ma l’arte di Mario Chiauzzi interessa anche per le sue cromie poliedriche, il suo senso del ritmo e della forma, come se fosse un’evoluzione ben congeniata di quella che un tempo Gillo Dorfles chiamò “pittura di segno”.
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