Gli adolescenti che interagiscono in gruppo appaiono disinvolti, spigliati, sorridenti: più liberi, sicuri e maturi rispetto alle generazioni passate.
Se li si conosce da vicino e si riesce a entrare nelle pieghe della loro anima, l’immagine sociale si dissolve: affiora, al suo posto, un’ansia fluttuante con picchi piuttosto inquietanti, repentini crolli depressivi, insicurezza, un vissuto costante di inadeguatezza, il dubbio sulla propria vera identità, una fobia della “debolezz...
Gli adolescenti che interagiscono in gruppo appaiono disinvolti, spigliati, sorridenti: più liberi, sicuri e maturi rispetto alle generazioni passate.
Se li si conosce da vicino e si riesce a entrare nelle pieghe della loro anima, l’immagine sociale si dissolve: affiora, al suo posto, un’ansia fluttuante con picchi piuttosto inquietanti, repentini crolli depressivi, insicurezza, un vissuto costante di inadeguatezza, il dubbio sulla propria vera identità, una fobia della “debolezza” e un orientamento claustrofobico.
Non per caso, dunque, da venti anni a questa parte, il disagio adolescenziale tiene banco a livello di psicologia, sociologia e psichiatria. La diffusione e la precocizzazione di disturbi psichiatrici nella fascia di età tra i 12 e i 25 anni — con una netta prevalenza delle depressioni, degli attacchi di panico, dei disturbi del comportamento alimentare sulle crisi psicotiche, che pure sembrano esordire con un certo anticipo rispetto al passato — ha prodotto, su tutto il territorio nazionale, la creazione di centri pubblici e la proliferazione di professionisti privati che si dedicano alla cura degli adolescenti.
Che stia avvenendo una mutazione psicosociologica e culturale rispetto al passato è evidente a tutti.
Il saggio offre un’interpretazione di questo drammatico cambiamento e illustra un radicale progetto di formazione della personalità che potrebbe, in prospettiva, porvi rimedio.