Per i Sufiti non c’è castigo peggiore che provare nostalgia, sapendo di essere separati dalla fonte, né maggiore ricompensa che sentirsi uniti ad essa. Così, l’emozione che predomina in quest’opera è la nostalgia, ed il conseguente desiderio di liberarsi da essa e fondersi con l’Unità.
Questa è la storia di una caduta, di una perdita, di un recupero e di una ascensione. È la storia di una ricerca della luce dall’oscurità più profonda. È scritta in prosa poetica, con breve frammenti indipendenti tra loro, che si possono leggere in modo isolato ma che mantengono una certa coesione, dato che ogni frammento porta con sé, o brama, un po’più di luce del precedente.
Parla di un uomo che ha perduto la propria luce, ma che conserva dentro di sé un lieve scintillio del ricordo di essa. Questa fugacità tortura la sua mente e gli fa intraprendere un cammino di ascensione per recuperare un tesoro tanto prezioso. Passa attraverso tutte le fasi di depressione, tristezza e malinconia, crogiolandosi nella propria perdita. Nelle fasi iniziali identifica questa luce perduta con l’amore di una donna, con l’amore di molte donne che per lui sono una, e l’origine della sua malinconia è la perdita di questo amore. Man mano che il suo tormento avanza, riconosce che questa luce desiderata appartiene a qualcosa di più sottile e profondo, al regno della sua anima … Riconosce che questo dolore emozionale proviene dal sentirsi separato dalla fonte primordiale.
Questa opera è scritta con un linguaggio malinconico, ma sullo sfondo vuole trasmettere bellezza, speranza ed allegria.
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